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frattura dello scafoide

Frattura dello scafoide: sintomi e trattamenti

Gli infortuni che coinvolgono la mano, il polso e l’avambraccio sono tra quelli più comuni e frequenti, sia tra le persone che svolgono sport, sia tra chi non lo fa, considerato che parliamo di una parte del corpo abbastanza esposta. Fa parte di questa categoria di problemi, la frattura dello scafoide, che ha un’alta incidenza tra le lesioni che riguardano le ossa carpali: si tratta di una piccola parte del nostro corpo responsabile, però, della stabilità complessiva dell’arto e di trasferire i carichi complessivi dalla mano all’avambraccio.

Da sottolineare che si tratta di una zona a bassa vascolarizzazione: le conseguenze di un errato trattamento possono, quindi, andare ad incidere sul flusso di sangue ed aggravare la situazione causando pseudoartrosi o, nei casi più estremi, necrosi. 

La frattura dello scafoide si verifica, nella quasi totalità dei casi, in seguito ad una caduta in avanti con il peso del corpo a carico della mano tesa. L’età media delle persone che subiscono quest’infortunio è relativamente bassa, anche se può interessare persone di tutte le età: chi svolge attività fisica oppure è coinvolto in un incidente, che sia in macchina o sulla moto, ha una maggiore probabilità di riportare questo tipo di danno ed è per questo che la maggior parte dei soggetti colpiti si colloca nella fascia d’età compresa tra i 20 e i 35 anni.  

I sintomi di una frattura di questo tipo sono, ovviamente, il dolore acuto, nella zona tra il pollice ed il polso, ed un gonfiore evidente che può portare ad una difficoltà. Il dolore può essere più intenso se si procede nella palpazione della zona e nell’effettuare movimenti complessi del polso. Prevenire quest’infortunio è piuttosto complicato, anche se chi pratica determinati sport che possono prevedere un carico eccessivo sulle mani o durante i quali è più frequente che ci siano cadute brusche in avanti, può utilizzare delle polsiere in tessuto elastico.

In caso di infortunio è sempre consigliato una visita presso uno specialista, cercando di essere quanto più tempestivi possibile. Solitamente si sceglie di curare la frattura applicando il gesso che parta dal gomito e vada ad immobilizzare il polso e spesso il pollice: dopo un periodo che va dalle sei alle otto settimane, si procede alla riabilitazione con l’utilizzo di un tutore apposito. Durante tutta la fase di immobilizzazione e di riabilitazione si richiede al paziente di non compiere sforzi, né di sollevare pesi, oltre ad evitare situazioni di scarso equilibrio nelle quali si potrebbe cadere. In alcuni casi, più rari, tra i quali la frattura scomposta, può essere indicato l’intervento chirurgico per stabilizzare l’osso con una vite o per valutare meglio le lesioni associate. 

Per qualsiasi informazione o dubbio, il personale di Ortopedia Pellegrini resta a disposizione.